Buonanotte Arianna

da Giorgia Campolmi
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È possibile vivere nella certezza di essere morti? Il che non significa solo non reagire agli stimoli esterni, ma anche non avvertirli, non inglobarli dentro di sé. Questa è Arianna. O meglio, Arianna Morta. Quella che esce dalla macchina bianca dopo la notte di Aida, che ritorna a casa di Arianna Viva, entra nel suo letto, si mette i suoi vestiti, saluta i sui genitori. Ma tutto ciò non le appartiene più. Perché lei si sente morta, e questa sua convinzione la porterà a scartare ogni esperienza, ogni impulso che le si pone davanti, come con la mano togliamo le briciole dal tavolo. Per lei, adesso, c’è solo Cosmo, l’unica luce rossa che riesce a vedere, l’unico pensiero che lascia avvicinare, l’unico motivo per cui continua a vivere.

E per Cosmo parte, prende un treno che la porta a Milano, che le farà conoscere Belà e Manar, e farà riaffiorare Arianna Viva. Perché Arianna non è morta, e neppure i suoi sentimenti lo sono. Riscopre l’ansia, l’attesa, l’angoscia, e l’amore. Ma allo stesso tempo vede i suoi incubi materializzarsi, si trova di fronte a quella donna con l’impermeabile bianco che tanto la tormenta. Vorrebbe scappare. E quindi scappa. Il punto di arrivo del biglietto che il destino le ha fornito è il bordo di un baratro senza fondo, dove vorrebbe tuffarsi senza risalire mai più. Il pensiero di Cosmo è il tiranno della sua mente, e solo un incontro inaspettato la potrà liberare.

Arianna è il volto tormentato di chi è mangiato dai rimorsi e dai sensi di colpa, che le premono alla gola impedendole di respirare, che la inducono ad annullare gradualmente il suo “conatus”, quello che Spinoza definisce come l’impulso di autoconservazione, “lo sforzo di perseverare nel suo essere”. Dopo la notte di Aida, la sua vita è ridotta ad un quadro in bianco e nero dipinto da un artista malinconico e mai concluso. Con lo scorrere delle pagine compaiono le prime tinte dai colori tenui, che solo al termine dell’opera sbocceranno in una sommessa vivacità.

La storia di Arianna è quella della natura che rinasce ogni anno a primavera, del cielo che si dispiega dopo un temporale, delle lacrime che diventano sorriso. È la storia dei cuori spezzati, dei sogni infranti, di un futuro che sembra ripiegarsi su se stesso, ma che rivelerà la sua luce. Di errori che pesano come macigni, che sembrano macchiarci per sempre, limitando la nostra esistenza a quel momento in cui tutto è sprofondato. È la storia di un sonno senza tregua, logorato dalla notte di Aida, e privo di sogni, da cui tutti possiamo evadere. Perché c’è sempre speranza.

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